ZONA CALDA – Champions League, Milan-Inter: l’analisi della partita

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A distanza di 20 anni dalla semifinale di Champions culminata col doppio pareggio che ha mandato il Milan alla finale di Manchester vinta contro la Juventus, Inter e Milan sono tornate ad affrontarsi per l’accesso alla finale di questa edizione della Champions League.

I primi 90 minuti sono terminati con una vittoria dell’Inter per 2-0 che mette i nerazzurri in una posizione particolarmente favorevole in vista della gara di ritorno in programma tra sei giorni.

Un vantaggio che non è solo di punteggio ma anche di contrapposizione tattica tra le due squadre, come confermato dal fatto che il Milan negli ultimi tre derby disputati sia sempre stato sconfitto visto che alla partita di ieri sera si aggiunge la Supercoppa Italiana di gennaio vinta per 3-0 dall’Inter e la sfida di campionato vinta di misura qualche settimana dopo la sfida di Jeddah.

Per cui andiamo ad analizzare cosa è successo in questa semifinale d’andata di Champions League.

Approcci diversi in pressione

Come preventivabile alla vigilia la sfida tra Pioli ed Inzaghi si sarebbe giocata sul diverso stile della fase difensiva: da diverse settimane Pioli usa dei riferimenti principalmente sull’uomo per mantenere un atteggiamento aggressivo nei confronti degli avversari, dall’altra parte Inzaghi usa il suo 3-5-2 per lavorare più su un sistema di coperture in zona palla per evitare che l’avversario possa trovare tracce centrali per avanzare sul terreno di gioco.

Per cui sin in partenza abbiamo visto il Milan cercare di andare a prendere a uomo i centrocampisti dell’Inter presi individualmente, con Bennacer su Calhanoglu, Krunic su Mkhitaryan e Tonali su Barella in fase di costruzione della formazione nerazzurra mentre si scambiavano gli uomini a seconda delle fasi di gioco, in ogni caso senza cambiare la strategia.

A queste marcature si aggiungevano quelle di Giroud, Brahim e Saelemaekers sui tre centrali dell’Inter a dimostrazione di voler mettere la partita sui duelli individuali e su un tono agonistico elevato.

Invece la mossa di Inzaghi in fase di non possesso prevedeva un lavoro importante per le due punte chiamate a restare orientate sui due centrali del Milan quando in possesso ed allo stesso tempo mantenere una copertura sulla coppia Tonali-Krunic alle loro spalle; si trattava di una pressione ad invito, ossia costringere il Milan ad andare sui terzini per poi attivare le scalate: il Milan cercava di andare sul lato sinistro, ossia il lato di Theo.

Così la strategia dell’Inter prevedeva di far uscire Barella sul terzino francese, Calhanoglu che si alzava su Krunic alle spalle, Dumfries che si alzava su Saelemaekers mentre Darmian seguiva le tracce di Bennacer che cercava di sovraccaricare la zona palla.

Su questa strategia e le relative contromosse si è giocata e probabilmente decisa la partita. Proviamo a spiegare come.

L’uso delle due punte da parte dell’Inter

Con il sistema a marcature individuali del Milan, la risposta dell’Inter è stata quella di sfruttarla a proprio vantaggio con i propri centrocampisti che muovendosi senza palla portavano con sé i rispettivi centrocampisti del Milan liberando spazi per linee di passaggio dirette in verticale per le due punte che una volta ricevuta la palla alle spalle del centrocampo potevano scambiare tra di loro o scaricare il pallone per l’inserimento delle mezzali o l’apertura verso gli esterni.

Lo sviluppo dell’azione con cui Mkhitaryan arriva a segnare il goal del 2-0 è perfetta esemplificazione di questa strategia, se vogliamo molto simile a quella che l’Inter spesso utilizzava durante il biennio di Antonio Conte.

Il posizionamento di Dzeko e Lautaro Martinez è stato un grosso grattacapo per il Milan sia per il gran lavoro in fase di prima pressione che costringeva la formazione rossonera a forzare la giocata lunga, sia per la loro capacità di posizionarsi uno davanti all’altro manipolando la difesa della squadra di Pioli tirando fuori dalla linea difensiva Kjaer e Tomori creando spazio alle spalle che poteva essere attaccato dagli inserimenti dei centrocampisti e dai tagli di Dumfries.

Inoltre, Inzaghi ha tenuto entrambi gli attaccanti in due contro due contro i centrali del Milan anche in fase di non possesso in modo di averli freschi per gestire le situazioni di transizione generate dal gioco lungo a cui l’Inter forzava i rossoneri, una situazione che stava per portare tanti frutti nelle fasi successive all’uno-due dell’Inter e che i nerazzurri non hanno sfruttato sprecando una serie di grosse opportunità per arrotondare il punteggio.

Ultimo aspetto a dimostrazione della centralità delle due punte nel piano-gara dell’Inter lo si è visto nella fase centrale del secondo tempo, ossia quella in cui il Milan stava riprendendo il controllo delle operazioni sfiorando più volte il goal che avrebbe ridotto le distanze in vista della gara di ritorno.

Sia Dzeko che Lautaro sono fisiologicamente calati ed hanno iniziato a perdere diversi duelli con i rispettivi marcatori nonché a schermare meno bene le linee di passaggio verso Krunic e Tonali permettendo al Milan di uscire palla a terra da dietro costringendo l’Inter ad abbassarsi in maniera molto pericolosa.

Non a caso quando Inzaghi ha tolto l’attaccante bosniaco per inserire Lukaku l’Inter ha riportato l’inerzia della partita dalla propria parte tornando a vincere i duelli quando la palla veniva servita in verticale e togliendo nuovamente accesso centrale al Milan costringendo i rossoneri a ricorrere nuovamente al lancio lungo.

Le difficoltà della strategia del Milan

Il Milan aveva pensato di costruire la propria partita oltre che sull’aggressività in fase di non possesso, sulla ricerca della superiorità numerica in costruzione per cercare spazio alle spalle del centrocampo dell’Inter. Per creare questo tipo di situazione i rossoneri, a differenza della partita contro la Lazio, hanno schierato il triangolo di centrocampo in modalità più classica da 4-2-3-1 con la coppia Krunic-Tonali davanti alla difesa e Bennacer vertice avanzato. L’obiettivo era quello di attirare il centrocampo dell’Inter e cercare poi l’algerino alle spalle.

Con l’Inter che orientava il possesso rossonero sugli esterni il Milan cercava di ricreare la stessa situazione sul lato sinistro creando un quadrato composto da Theo, Krunic, Saelemaekers e Bennacer, ma come abbiamo visto precedentemente l’Inter ha negato le ricezioni avanzate ai giocatori rossoneri costringendoli ad utilizzare il lancio lungo per uscire dalla pressione nerazzurra.

Così come spesso è capitato di vedere in questa stagione il Milan si è dovuto affidare ai duelli aerei di Giroud per trovare un modo per risalire il campo, ma anche quando l’attaccante francese riusciva ad avere la meglio nel duello con Acerbi o con Bastoni, l’Inter si mostrava strutturata meglio nel recuperare le seconde palle, a questo si è aggiunta una certa difficoltà di Brahim Diaz nel gestire alcuni palloni ed ecco spiegata la difficoltà del Milan a rendere efficace il piano pensato per questa partita.

Nel secondo tempo le cose sono cambiate sia per un atteggiamento diverso dei rossoneri nei duelli individuali sia per le difficoltà dell’Inter sopra menzionate a mantenere attiva la propria strategia. A questo si aggiunge la mossa di far entrare Origi al posto di Saelemaekers che unita all’abbassamento del baricentro dell’Inter ha permesso la creazione di situazioni di uno contro uno sugli esterni da cui il belga da una parte e Messias dall’altra hanno creato situazioni di pericolo, tra cui l’azione che porterà al palo di Tonali.

La ricerca di tracce verticali ed esterne è stata anche la chiave per la vittoria contro la Lazio sabato scorso, ai tifosi rossoneri resta quindi il dubbio se non fosse stata questa la strategia da perseguire anche per questo derby di Champions.

Quale scenario per la gara di ritorno?

Il doppio vantaggio è una situazione di grande favore per l’Inter che ha mostrato poche volte di essere in difficoltà contro il Milan nell’arco di questi 90 minuti. Di certo per la gara di ritorno spetterà a Pioli dover inventare la mossa giusta per ribaltare l’inerzia di questo doppio confronto.

Potrebbe essere Leao quell’arma a disposizione del tecnico del Milan per creare delle situazioni di superiorità qualitativa o dinamica invece di una superiorità posizionale che contro quest’Inter è molto difficile da perseguire?

Indipendentemente dalla presenza o meno del portoghese, il contesto tattico della partita è stato totale appannaggio della formazione di Inzaghi che, però, dovrà stare attenta a non fare una partita eccessivamente passiva in quanto le principali difficoltà sono giunte proprio nei momenti in cui Barella e compagni si sono ritratti sul terreno di gioco.

 

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