Leonardo, ha parlato ai microfoni del Quotidiano Sportivo della situazione dei rossoneri e, soprattutto, del trattamento riservato a Paolo Maldini.
Calciatore, allenatore e dirigente: il “tuttofare” Leonardo è stato intervistato dai microfoni del Quotidiano Sportivo. Il brasiliano, tra le altre domande, ha detto la sua sulla situazione attuale del Milan e sull’errore fatto con Paolo Maldini: “Se serve più milanismo dentro e fuori dallo spogliatoio? Ma c’era, si chiamava Paolo Maldini e da dirigente ha vinto uno scudetto ed è arrivato in semifinale di Champions. Poi è stato mandato via, e con lui un grande pezzo di passione. Oggi se ne sono accorti tutti, il Milan è vuoto, senz’anima. Ma sono cicli, passerà. Anche perché credo che in società abbiano capito di aver sbagliato“.

Leonardo, l’intervista integrale al Quotidiano Sportivo
Leonardo, Cosa si sente di suggerire a piccoli e grandi?
“Lo dico da papà a papà, non è facile dare consigli giusti per far crescere bene un giovanissimo calciatore del 2012 o del 2014, perché ogni bambino è fatto in un determinato modo. C’è chi ha bisogno di una spinta o un incoraggiamento in più, altri invece di una affettuosa “sgridata“, ma di base l’obiettivo di tutti è giocare. La strada da percorrere è lunga ed è una cosa naturale, noi adulti non possiamo costringere il bambino e mettergli ansia se non ha voglia. Anche perché, vi assicuro, oggi chi ha talento non passa inosservato, gli “scout“ sono dappertutto. Di più: loro non guardano solo chi fa gol, ma osservano le potenzialità generali dei ragazzi“.
E invece tanti genitori pretendono un figlio fenomeno…
“Un bambino non potrà mai essere costante, quindi evitiamo di mettergli pressione. La verità è che prima, anche in strada, giocavamo 8 ore al giorno mentre adesso si gioca meno“.
Ecco, la parola “pressione“ è quella da mettersi bene in testa. Esiste a tutti i livelli.
“Per esempio, giocare a San Siro ti crea ansia, è una sollecitazione non facile da reggere. Ma da allenatore o dirigente tocca a me capire come il calciatore possa liberarsene. E comunque la pressione non c’è solo a San Siro ma da tutte le parti. Ci sono addirittura giocatori che preferiscono partire dalla panchina per essere più tranquilli“.
C’è un rimedio per allontanare l’ansia da prestazione?
“Spronarli e farli giocare. In certe situazioni si deve credere e insistere, un calciatore che ha qualità per imporsi va sempre aspettato“.
Leonardo, lei, in panchina, ha mai avuto momenti di difficoltà per farsi capire dai suoi giocatori?
“Si, certe situazioni le ho vissute, anche se l’allenatore l’ho fatto poco. Ho cominciato col Milan in un momento particolare: Kakà era stato venduto, Maldini aveva smesso. Insomma, parecchie novità. Iniziai l’annata senza vincere per 5-6 partite. Tutti mi invitavano a non condividere con i calciatori scelte o sistemi di gioco e io invece andavo in palestra e dicevo… “giochiamo in modo spericolato e rischiamo“. In realtà i difensori non volevano (sorride, ndr) ma col tempo digerirono l’idea. Vero, fu un azzardo, ma in tanti dicevano che il “4-2-fantasia“ era bello e divertente. Tutto cominciò nella terza partita di Champions a Madrid, avevamo schierato una squadra molto sbilanciata in avanti e vincemmo 3-2. Mai successo al Bernabeu…“.